ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Un chiostro esemplare
Quello della Trinità
di Andrea Bentivegna
25/06/2016 - 02:01

di Andrea Bentivegna

Ancora non troppi anni fa, in un’epoca in cui esistevano ancora le enciclopedie cartacee, don Salvatore del Ciuco raccontava con vanto che sulla Treccani, alla voce ''chiostro'', campeggiava una splendida immagine tratta dalla nostra città.

La foto illustrava il chiostro della chiesa della Trinità. Certo, oggigiorno quasi nessuno acquista più enciclopedie stampate in decine di volumi ma questo cortile rimane ancora adesso una delle architetture più importanti di Viterbo.

Fu fatto costruire da un personaggio più volte citato, quel cardinal Egidio Antonini che fu, nel Cinquecento, una delle figure più influenti al mondo e certamente il più importante viterbese della sua epoca.

La data in cui fu eretto si può far invece risalire al 1513 quando il cardinale ricopriva la carica di Generale degli Agostiniani e in effetti il convento fu costruito proprio per ospitare i frati di questo importante ordine.

Il chiostro in sé si sviluppa su una canonica pianta quadrata all’interno della quale si apre un cortile con al centro una fontana in peperino. Tutt’intorno il meraviglioso portico sorretto da ben 38 colonne che erano in realtà destinate ad un altro scopo. Dieci anni prima infatti, il predecessore di Antonini, il cardinale Santoro, aveva ordinato che si ampliasse la chiesa degli agostiniani e che al suo posto venisse costruita un’ampia basilica su tre navate. Le colonne vennero quindi estratte dalla cava per questo motivo, ma poiché i lavori non iniziarono mai rimasero lì abbandonate finché non si decise di sfruttarle per edificare proprio il nuovo chiostro.

Una vera fortuna. Il fatto che fossero in realtà concepite per sorreggere le navate di una grande basilica ha fatto sì che la loro altezza, e di conseguenza quella del nuovo cortile, fosse davvero fuori da comune, unica, e ben più imponente di altre strutture simili.

Alle spalle delle colonne, lungo le pareti, si può invece ammirare uno splendido ciclo di affreschi che ricopre l’intero perimetro. Furono realizzati il secolo successivo alla costruzione dell’edificio per volere di Giacomo Nini, uno degli uomini più ricchi della città, che incaricò della realizzazione i pittori Marzio Ganasselli e Giacomo Cordelli che illustrarono con quest’opera degli episodi della vita di Sant’Agostino.

Il nuovo chiostro venne edificato al posto di uno più antico, in stile romano-gotico, che si estendeva su un identico perimetro ma che aveva un’altezza ben inferiore. L’antica struttura è andata completamente perduta ad eccezione però di un antico fontanile che rimase per secoli nascosto, letteralmente murato, e che riemerse dopo quattro secoli, nel 1944 quando le bombe che gli alleati sganciarono sulla città il 24 maggio danneggiarono la struttura cinquecentesca portando casualmente alla luce l’antica preesistenza. Successivamente restaurata fa oggi bella mostra di sé incastonato nella parete. Insomma possiamo dire che dalle colonne “riciclate” alle bombe in questo caso provvidenziali, una serie di circostanze imprevedibili hanno reso oggi questo luogo un simbolo, anzi l’esempio perfetto per spiegare cosa si intenda con la parola chiostro.





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